La calura era insopportabile.
Quando finalmente l'emergenza idrica fu risolta, si mise in coda.
Un uomo in testa alla fila riempì d'acqua il proprio secchio e, in
capace di aspettare, vi affondò la faccia e bevve a pieni sorsi.
Cadde in preda a una sorta di delirio:
iniziò ad urlare di piacere e, come colto da un raptus, si rovesciò addosso l'intero secchio.
Quel gesto scatenò la brama degli altri.
Uomini, donne, bambini sbucarono da ogni dove attorno alle cisterne, si spogliarono e,
uno accanto all' altro si rovesciarono addosso il liquido prezioso.
Ridevano, schiamazzavano e strillavano felici mentre i loro corpi si contorcevano e si agitavano sotto un vortice fluido. Quell'improvvisa negligenza, quello spreco e quella mancanza di riguardo dopo giorni di arsura e di inaridimento furono come un battesimo di massa.
In mezzo a quell'euforia, Amrit fù l' unico a notare gli increduli clic, clic, clic di una macchina fotografica Kodak Brownie con tanto di flash: un fotoreporter stava immortalando quell' inusitato bagno collettivo prima di entrare nel collage a caccia di altre immagini.
Clic, ed ecco l'ingresso annerito dalla sporcizia e dagli escrementi viscidi;
Clic, clic: corpi a centinaia, accovacciati, sdraiati, imploranti, agonizzanti, morti.
Clic, in mezzo a vomito, urina e dissenteria, e poi, clic, l' obbiettivo cattura un raggio di sole che, da una finestra, cade impietosamente su un ammasso di corpi dal disperato tentativo di rimanere aggrappati alla vita.
Clic: un viso che sorge da quella stasi orizzontale, con il turbante disfatto su un volto emaciato e lo sguardo perso in chissà quale allucinazione, una mano protesa oltre la sagoma del fotografo verso il miraggio dell' acqua creata dal sole.
L'inferno. Sullo sfondo, corpi sdraiati in diverse pose che tradivano tutta la loro sofferenza; al centro della fotografia, Karam che fissava dritto nell'obbiettivo, con le mani protese in avanti come a chiedere pietà.
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