Amare non è guardarsi a vicenda, ma guardare nella stessa direzione.
Ho ancora le unghie sporche di stoffa arancione, tutte le volte che affondavo in quelle lenzuola. Quel tuo caldo liquido che MI colava in bocca, le nostre lingue giocavano e io avevo miriade e miriade di farfalle che volavano, facevano male, all'altezza del costato. Il cerchio. Lo immaginavo. Equilibrio. Il tuo vortice. La paura, timore, di affondarTI. Era come toccare una rosa con più spine che petali. UN SALTO NEL VUOTO, ERA IMMAGINARIO. TU, NON CI SEI MAI STATO. Il mio paradiso era assaporare erba dalla tua bocca, e mi scioglievo, colavo, come miele. L'inferno era non respirare. Quel contagoccie rilassava gli arti, sonni." Ah, povero me, sono in ritardo" nascondevi il tempo nel taschino. Io ti leggevo. Quelle lettere, una a una uscivano dalla bocca e si trasformavano in suoni. Si ballava. Le lettere prima o poi si trasformeranno in parole. Quelle parole facevano più male dei pugni. Quei pugni battono ancora sui muri. La casa sull'albero. Qui i muri stanno cadendo. Sono seduta sul tetto, respiro l'aria e osservo il cielo. Si muove veloce, come quel tempo che tenevi nascosto.

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